Alpino, no grazie
el Gioani
18 maggio 2019
Gioani, Casarotti di malunga valli del Pasubio, 1975
Personalmente non ho nulla contro gli Alpini, sono cresciuto in mezzo a loro, ho imparato e ascoltato da loro, storie struggenti, piene di silenzi, anche nei famosi filò nelle penombra delle loro stalle.
Proprio nel momento in cui cominciavo a percepire qualcosa di come era andato quel secolo, al giro di boa degli anni '50, tutto stava scomparendo, stalle, filò, e una cultura risalente al mondo omerico, tra il gracchiare della radio e della televisione posizionata sulla mensola più alta.
Improvvisamente al tramonto non passava più il Gioani, li chiamerò così i vecchi Alpini, a consegnarci il latte nel bidoncino di alluminio, non li vedevo più nei ripidi campetti intorno a casa, acquistati dopo anni di emigrazione in mezzo mondo, con l'immancabile falce e il cappello sempre fracà, tutto consunto.
Quel cappello a loro serviva a ricordare una giovinezza spaventosa, compagni e parenti; il cappello era anche quello del figlio, del fratello, li teneva uniti a qualcosa che solo loro sapevano e, che dopo anni di altre umiliazioni all'estero, si era cementato in loro.
La foto non è di repertorio, presa qua e là, come fanno molti “storici documentaristi”, l'ho scattata al Gioani mentre senza mai alzare la testa dal roncon a cui stava rifacendo il manico, mi raccontava dei tanti suoi coetanei, accusati ti diserzione, che ha visto fucilare nei pressi della contrada sotto al Pasubio.
Essendo uno “storico della domenica” ho sempre avuto l'abitudine di bussare alla porte, anche delle stalle, quando le vedevo fumanti di mucca.
Non busso mai alle porte delle sedi dell'Associazione Nazionale degli Alpini, lì non trovo nulla, l'ANA è proiettata solo nel futuro, quello della prossima adunata.